isi alla battuta di Andrew, immaginandomi la faccia di Grant nel trovarsi il cd nella tazza del latte, assieme ai suoi amati cereali.
Effettivamente Angel aveva rischiato grosso: pensavo, infatti, che il disco si sarebbe rovinato una volta entrato in contatto con il latte, ma magari il bambino non ci aveva pensato. Anzi, sicuramente non ci aveva pensato proprio perché era un bambino. Mi consolava quella consapevolezza: significava che avevamo adempiuto al nostro dovere e che il piccolo non riportava traumi dalla convivenza con Hekat e dal periodo trascorso negli Inferi.
Quella serenità che si respirava era commovente. Il clima a villa Harding era davvero familiare e, ogni volta che venivo invitata da loro, sentivo di non volermene mai andare. Stavo bene con tutti loro, specialmente stavo bene con Andrew. Ogni volta che ci salutavamo pensavo all'occasione successiva in cui ci saremmo incontrati nuovamente.
Ovviamente la mia vita non girava attorno agli Harding, ma dovevo ammettere che rivolgevo loro buona parte dei miei pensieri. Quello credevo significasse affetto: quando si pensava alle persone che si erano incontrate. Tess e Ruth dicevano che quando parlavo di Andrew sorridevo istintivamente. Io in realtà non me ne accorgevo nemmeno, ma mi fidavo di loro e credevo alle loro parole: se dicevano che sorridevo, voleva dire che era vero.
«È tutto merito del mio istinto di strega» scherzai minimizzando l'intuito che mi aveva guidato fino alla confezione di cereali. «Forse è meglio non dire a Grant del rischio che ha corso» conclusi abbozzando una nuova risata.
Seguii poi Andrew nuovamente in soggiorno, distendendo le labbra in un nuovo sorriso spontaneo quando mi domandò di Tess.
«Vanno bene, grazie» risposi. «È presissima da tutte le sue mansioni come assistente di Jackson, ma confidiamo che per la prossima estate potrai chiamarla collega». Tess era entusiasta di come stava trascorrendo questi ultimi mesi e non vedeva l'ora di discutere la sua tesi. Naturalmente, come referente aveva scelto Jackson che l'avrebbe accompagnata sino al raggiungimento del dottorato. Credevo che il professore avesse anche già preparato svariate lettere di raccomandazioni da inviare in qualunque museo la mia amica avrebbe voluto lavorare. Sapevo che Tess ancora non aveva scelto: voleva diventare archeologa, ma non sapeva a quale museo offrire i suoi servigi. Diceva sempre che avrebbe scelto in base alle offerte ricevute e credevo che il suo modo di ragionare fosse il migliore.
Imitai Andrew, versandomi anche io dell'aranciata. Quella bevanda mi riportò alla mente per un rapido istante il nostro primo incontro: mi aveva offerto proprio dell'aranciata quando ero andata da lui a consegnargli la lettera di Sally.
Scossi poi con decisione il capo per rispondere all'ultima domanda di Andrew: «Assolutamente no. Stare con voi è un vero piacere» risposi sinceramente sorridendo ancora una volta.
«Anche i miei studi procedono bene: pochi esami e sarò fuori dall'università» soggiunsi. Mi concessi poi una piccola pausa prima di concludere la mia risposta: «Onestamente ancora non so cosa farò dopo». Avevo scelto Filosofia perché amavo la materia, ma sapevo che di sbocchi pratici nel mondo lavorativo ne lasciava pochi. Sarei potuta divenire un'insegnante. Quella era la strada più facile, ma non sapevo se sarebbe stata quella che avrei intrapreso. Nemmeno avevo deciso se sarei tornata in Irlanda o se sarei rimasta in America, quindi si poteva ben immaginare quanto fossi insicura sul mio futuro.
«Tu hai sempre saputo che saresti diventato un archeologo?».